Il Gruppo milanese fondato dall’ex Presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini ha raggiunto nel 2018 i 600 milioni di fatturato con più di 8.000 dipendenti. “Puntiamo sulla qualità nei servizi e sul rapporto con i clienti”.
Presidente Ernesto Pellegrini, nel 1965 nell’era del boom economico ha fondato dal nulla un’azienda che oggi, da oltre 50 anni, è un punto di riferimento nel settore della ristorazione con più di 8.000 dipendenti. Da allora però, specie di recente, si sono susseguite numerose crisi e il mercato ha subito continui mutamenti: l’azienda come è riuscita a resistere e svilupparsi in queste fasi?
«Innanzitutto basandosi sui valori fondamentali citati anche nel nostro Codice Etico, fra cui la lealtà, la correttezza e il rispetto. A questi voglio aggiungere la grande passione che permea tutta l’azienda e i suoi uomini e donne. Gli oltre 8.000 collaboratori sono ogni giorno a stretto contatto con i nostri clienti, a cui erogano un servizio che ha nella qualità il suo perno fondamentale. Molti dicono che il settore della ristorazione sia uguale a se stesso da tanti anni. In realtà, in Pellegrini siamo fautori di una costante e profonda innovazione, sia nel servizio all’interno dei nostri ristoranti sia nella scelta e nella lavorazione delle materie prime. Dal punto di vista organizzativo, infine, la Pellegrini vanta una catena di controllo diretta e veloce, che si traduce in risposte estremamente pronte nei confronti dei nostri clienti».
Negli anni recenti lo Stato ha fatto fatica a pagare i propri fornitori e alcune aziende non ce l’hanno fatta. La Pellegrini S.p.A. lavora anche con la pubblica amministrazione: come ha superato questi momenti di difficoltà?
«Le nostre commesse pubbliche non hanno risentito di particolari ritardi e, in ogni caso, il fatturato della parte pubblica non supera il 10% del totale della ristorazione. Per cui siamo stati fortunati nel non incorrere in problemi di questo tipo».
Nell’anno fiscale 2018 è cresciuto ancora il fatturato del gruppo, che ha superato di poco i 600 milioni di euro. Quali obiettivi vi siete posti nel breve periodo? È fiducioso per il futuro?
«Sono sempre stato un uomo fiducioso nel futuro. E questa fiducia è sempre stata ricambiata, grazie anche a un costante lavoro a cui nessuno dei miei collaboratori si è mai sottratto. Ho fiducia anche nelle nostre capacità, affinate in 54 anni di storia e nel nostro brand, che è riconosciuto sul mercato come garanzia di qualità e serietà. Tanto che a fine 2018 abbiamo ricevuto le 3 stelle (ovvero il massimo raggiungibile) nel rating di legalità da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Un riconoscimento che ci inorgoglisce e ci ripaga di tanto lavoro. Gli obiettivi nel breve periodo sono di consolidare la nostra presenza sul mercato, fidelizzare i nostri clienti che ci premiano da tanti anni, investire in risorse umane e in nuove strutture. Lungo il 2019, per esempio, procederemo alla ristrutturazione della nostra piattaforma integrata Central Food a Milano e dei nostri uffici romani».
Cosa devono fare la ristorazione italiana e la sua azienda per essere competitivi in un mercato che ormai è diventato globale?
«Può sembrare banale, ma devono esprimere sempre più qualità nei servizi e un’attenzione particolare al rapporto diretto con i clienti. Un punto chiave quest’ultimo, grazie al quale l’imprenditoria italiana può distinguersi rispetto a quella multinazionale, proprio perché maggiormente in linea con questo obiettivo. Un’azienda italiana nelle mani di una famiglia di imprenditori direttamente coinvolti nel business può vantare una maggiore conoscenza del territorio e della cultura locale, garantendo ai clienti una velocità di decisione rara da trovare all’interno delle multinazionali».
Un processo lo ha già consumato col passaggio generazionale da lei a sua figlia Valentina che è la vicepresidente. Da padre e imprenditore, quando ha intuito che sarebbe stato il momento di sua figlia e quali benefici ha portato una donna ai vertici dell’azienda?
«In realtà, non è ancora giunto il momento di passare il testimone a mia figlia! Battute a parte, già da tempo abbiamo iniziato un processo di coinvolgimento di Valentina a tutti i livelli aziendali, fino a giungere al suo ruolo attuale di vicepresidente, strategico per lo sviluppo e il futuro della nostra azienda. Una donna come Valentina è capace di arricchire la Pellegrini grazie alle sue capacità personali e professionali, ma anche portando in ufficio ogni giorno la freschezza delle sue idee, la passione giovanile per continuare a innovare, per esempio creando tre anni fa l’Accademia Pellegrini, un luogo speciale dove portiamo avanti quotidianamente la ricerca, lo sviluppo, la formazione e l’innovazione di processi e prodotti. Inoltre, mia figlia crede molto, come me, nel potere della comunicazione. Per questo, da poco abbiamo creato una direzione Comunicazione e formazione che si occupa di migliorare la comunicazione all’interno dell’azienda e verso il mondo esterno. Oltre che ottimizzare il comportamento dei nostri collaboratori in linea con lo stile Pellegrini».
Si scrive Pellegrini, ma per gli sportivi si legge Inter. La Serie A negli ultimi anni è stata vinta dalla squadra controllata da uno dei più grandi gruppi imprenditoriali italiani, De Laurentiis ha dichiarato che il Napoli con il fatturato della Juventus avrebbe vinto 10 scudetti. Lei è stato presidente dei nerazzurri dal 1984 al 1995, dopo di lei Moratti e poi gli stranieri: è finita l’era degli italiani nelle “big” del calcio? La passione ha ceduto alla legge dei bilanci?
«Qualcuno ha recentemente scritto che ai miei tempi c’erano i presidenti-tifosi. Oggi ci sono i presidenti-finanzieri. È proprio vero. La speranza è l’ultima a morire. Oggi l’auspicio è che imprenditori italiani possano tornare al comando di squadre italiane, sebbene sia sempre più difficile con la globalizzazione. Direi quasi impossibile».
Esclude un ritorno della famiglia Pellegrini in orbita Inter o, come ha dichiarato lo scorso anno a Industria Felix a Milano, è fiducioso per il suo nipotino?
«Il mio nipotino Guglielmo Ernesto ha 3 anni ed è nato il 9 marzo, giorno della fondazione dell’Inter. Quando gli chiedo cosa vuol fare da grande, mi risponde: “Il Presidente dell’Inter come mio nonno”. Sì, gli rispondo io, ma con i soldi dei cinesi!».
Tratto da “Industria Felix”, numero di marzo-ottobre 2019
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