È stato l’occhio attento di un grafico del “Giornale” ad annunciare l’avvenuto divorzio, peraltro annunciato da tempo, fra Silvio e Paolo Berlusconi. Il nome del Cavaliere è infatti improvvisamente scomparso dalla gerenza, il riquadro a pagina tre della testata milanese, dove sono elencati i consiglieri d’amministrazione della Società Europea di Edizione, editrice del «Giornale». Allo stato d’agitazione proclamato dai redattori, non ha fatto seguito nessuna risposta di spiegazione da Via Paleocapa, quartier generale di Sua Emittenza. Il nome di Silvio non è più ricomparso in gerenza e per ora la storia si ferma qui.
Ma è evidente che la separazione all’interno della Fininvest è ormai imminente. Probabilmente al via libera manca solo la comunicazione al Garante per l’editoria, che verrà formalizzata presto. È già stata infatti convocata per il prossimo 8 luglio un’assemblea della società editrice che ha all’ordine del giorno l’approvazione di un aumento di capitale da 19 miliardi finalizzato proprio all’ingresso nell’azionariato di Paolo Berlusconi. Tutto questo, ovviamente sub judice. Nel senso che se Santaniello si opponesse al passaggio Paolo riavrebbe indietro i suoi capitali.
La divisione delle attività fra i due fratelli ha come causa principe la legge sull’editoria, cosiddetta Legge Mammì, che in teoria impedisce a Silvio Berlusconi di possedere anche carta stampata oltre alle tre reti televisive. In realtà, la Fininvest potrebbe mantenere una quota minoritaria nel Giornale, scendendo dall’attuale 87% fino al 30%. Dopo avere fallito accordi di vendita, anche a causa della reticenza mostrata dal direttore dei «Giornale», Indro Montanelli che ha posto il veto a tutti i compratori a lui sgraditi, alla Fininvest hanno però pensato alla soluzione interna, e hanno colto l’occasione per un più generale riassestamento. A Paolo, oltre al giornale, verranno assegnate l’edilizia, il turismo, oltre al settore dell’ecologia e dello smaltimento dei rifiuti. Il nuovo gruppo che si verrà a formare avrà un fatturato annuo calcolabile intorno ai 400 miliardi e darà lavoro a 500 dipendenti.
Il gruppo Fininvest non risulterà comunque ridimensionato dall’uscita del fratello. Secondo i dati di stima di bilancio ’91, che dovrebbero essere approvati nell’assemblea prevista per il 29 giugno (o in seconda convocazione il 15 luglio), il gruppo Berlusconi ha un giro d’affari consolidato di 17.500 miliardi, che diventano 19.300 nel budget per l’anno in corso. Il fatturato consolidato è stato di 10.370 miliardi, con previsioni per 11.570 nel ’92. Gli investimenti sono intorno ai 1.300 miliardi all’anno, mentre i debiti netti verso il sistema bancario e parabancario sono stati di 2.570 l’anno scorso e dovrebbero salire oltre i 3 mila nell’attuale gestione. Il comparto che ormai porta più ricavi è quello che va sotto il nome di “distribuzione moderna”, che comprende Standa e Euromercato, con 3.620 miliardi nel ’91 e 4.450 previsti quest’anno, grazie all’inserimento dei Supermercati Brianzoli. Segue la pubblicità: 3.310 miliardi nel ’91 e 3.670 nel ’92. Poi la visione (2.213 nel 2.460 nel ’92), Programma Italia, ovvero i fondi d’investimento, che hanno raccolto 2 mila miliardi l’anno scorso e ne prevedono 2.300 quest’anno, e l’editoria (poco meno di duemila miliardi). Infine cinema e spettacolo (1.500 miliardi), assicurazioni e prodotti finanziari (870 e 995) e infine l’edilizia, con 200 miliardi nel ’91 e 280 previsti nel ’92. Dei cinque settori in cui è divisa l’attività dell’impero Fininvest, dunque, solo uno, l’edilizia, verrà tagliato. Comunicazione, distribuzione, risparmio e sport rimarranno alla casa madre, mentre alla Paolo Berlusconi Finanziaria andranno le società elencate sopra.
Ora i pensieri del gruppo sono ovviamente tutti rivolti all’attesa per le concessioni televisive, che dovrebbero arrivare entro il 24 agosto prossimo, a due anni dal varo della “Mamm1”. Il ministro delle Poste dimissionario, Luigi Vizzini, ha espletato il proprio lavoro proprio pochi giorni prima delle elezioni, e ha trasmesso il tutto all’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti.
Toccherà dunque ora al nuovo ministro portare a termine il piano di concessioni, sempre che non si vada incontro a una revisione della legge sull’editoria. Intanto resta aperto il contenzioso con gli altri editori, che accusano la Fininvest di abuso di posizione dominante nel settore pubblicitario.
FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Auro Palomba
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