Nessuna sorpresa dalla relazione semestrale della Fiat. I dati comunicati ieri pomeriggio dopo il consiglio d’amministrazione della società seguono infatti le attese dei mercati, e sembrano quasi fatti apposta per fotografare la situazione attuale del gruppo e del paese. Ci sono infatti tutte le componenti per far capire che il momento 6 difficile, la ripresa lontana, ma in fondo il gruppo torinese produce ancora utili. Cosi Giovanni Agnelli può esortare maggiormente ai sacrifici, far rilevare gli investimenti notevoli profusi in questi mesi, e in questo modo giustificare l’indebitamento in forte crescita. E far passare tutto sommato in secondo piano che neanche quest’anno la fatidica “quota 60 mila miliardi” di fatturato verrà raggiunta, e che la redditività è notevolmente diminuita.
I ricavi netti consolidati sono comunque saliti, seppur di poco. Al giugno ’92 ammontavano a 30.142 miliardi, contro i 29.497 dell’analogo periodo ’91. Di questi 26 mila vengono dalle attività industriali e i restanti dai servizi finanziari, le assicurazioni e la grande distribuzione. Decisamente più basso, invece, l’utile ante imposte, calato da 1.455 a 655 miliardi, compresa la quota relativa alla vendita dell’ultimo 25% della Telettra ai-fi Alcatel. La flessione del risultato è in parte attribuibile all’avanzamento degli investimenti, saliti a 1.654 miliardi, 110 in più sul ’91. Gravemente compromessa invece la posizione finanziaria, passata da +431 a -2.510 miliardi, al netto dei dividendi già pagati agli azionisti. La situazione è perfettamente fotografata dall’unico indicatore fornito, relativo al rapporto fra l’utile ante imposte e i ricavi, passato da 4,9% del primo semestre ’91 all’attuale 2,2%. I dipendenti (dato importantissimo in questo periodo di crisi) sono aumentati di 5 mila unità a 299.433, di cui, però, quasi 8 mila in cassa integrazione, 2.300 in più rispetto al giugno ’91. L’unica stima per fine anno che esce dalle maglie strette del consiglio Fiat, vede i ricavi intorno ai 59 mila miliardi, mille in più sull’anno passato, ma sotto l’obiettivo dei 60 mila. In ascesa anche gli investimenti per ricerca e sviluppo, che arriveranno a 7.500 miliardi, pari al 12,7% del fatturato.
Questi i dati principali consolidati. Scendendo invece al livello della capogruppo Fiat Spa, si nota ancora un utile lordo in discesa nel semestre, da 750 a 606 miliardi. La società ha proseguito inoltre l’acquisto di azioni proprie, per un totale di 13 miliardi di lire, e l’importo complessivo del “bug back” è così salito a 516 miliardi. Dando invece un’occhiata ai settori c’è da fare una prima annotazione interessante: l’auto non “pesa” più per il 50% del fatturato totale. Nei primi sei mesi di quest’anno, infatti, i ricavi del settore prìncipe del colosso torinese sono scesi del 6,3% a 14.379 miliardi, sui 30 mila abbondanti di fatturato. “I principali centri di ricerca sulla congiuntura vedono non vicino l’inizio della ripresa”, scrive Agnelli ai suoi azionisti. “La svalutazione della lira, imposta dalla forza del mercato e dalla mancanza di credibilità dei vari piani di risanamento presentati dal governo, è stata una grave sconfitta per il nostro paese, e rende ancora più necessaria una svolta profonda nella gestione dell’economia. I sacrifici da fare saranno più duri di quelli che si sarebbero dovuti fare solo due o tre anni fa. Infatti il calo della lira non cura i mali strutturali dell’economia, è solo un parziale recupero della perdita di competitività accumulata negli anni precedenti”. Per questo, dice Agnelli, occorre che il governo prosegua nella politica di contenimento della spesa pubblica appena cominciata “dopo anni in cui si è negata l’evidenza dei fatti”. “L’Italia dovrà dunque prepararsi senza ulteriori indugi, per essere in grado di cogliere le opportunità offerte dalla congiuntura internazionale quando esse si propagheranno al nostro paese. Questo significa, conclude l’avvocato, soprattutto che occorrerà sostenere gli investimenti e la competitività delle imprese”. Il presidente della Fiat sottolinea poi che “per raggiungere l’obiettivo di un più alto livello di occupazione e alzare i nostri tassi di sviluppo, attualmente al di sotto della media dei paesi dell’Ocse, l’accordo sul costo del lavoro siglato a fine luglio rappresenta un punto fermo di grande importanza”. Venendo alla Fiat, Agnelli nota con rammarico che “le prospettive del secondo semestre appaiono ancora più difficili”, ma dichiara “di guardare con fiducia alla continuazione dello sviluppo ed al successo del gruppo”.
FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Auro Palomba
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