Le storie di Valentina, Giulia, Valerio e Andrea per raccontare com’è la vita quotidiana insieme a un defibrillatore nel petto. Arrivano da ICS Maugeri S.p.A. i racconti di coloro che, affetti da cardiopatie, riescono a condurre una vita normale grazie alla ricerca scientifica. Un’avanguardia che consente di effettuare diagnosi precoci, fornire terapie farmacologiche adeguate e impiantare un defibrillatore nel corpo umano. Quello stesso defibrillatore che è riuscito a salvare il calciatore danese Christian Eriksen durante una partita dell’Europeo.
“Conosco la Fondazione da quando avevo 12 anni, da quando ho scoperto di avere il QT lungo durante una semplice visita scolastica”, racconta Valentina, farmacista 34enne. Lei è una delle prime pazienti ad essere stata curata a Pavia presso la Cardiologia Molecolare di ICS Maugeri S.p.A. Il Centro, istituito nel 1997 e guidato dalla Professoressa Silvia Priori, è un riferimento nazionale per le patologie aritmogene su base genetica ed è riconosciuto anche a livello internazionale. Oggi Valentina vive con un defibrillatore che è intervenuto in un’occasione per salvarla, e che le permette di condurre una vita serena, girare il mondo e portare a termine con serenità una gravidanza.
“La vita deve essere vissuta”, spiega la madre di Giulia, 21enne protagonista di un’altra storia proveniente dal Centro di Pavia: “La vita ci riserva delle sorprese sempre. Ma non sempre brutte o catastrofiche come possono sembrare all’inizio”. Giulia è tornata da poco da un Erasmus di 10 mesi a Parigi: sembrano solo un ricordo quegli episodi in cui da piccola sveniva per l’emozione, un evento causato anche nel suo caso dalla Sindrome del QT lungo.
Convivere con un defibrillatore nel corpo è dunque qualcosa di pienamente possibile, così come confermato anche da Valerio nel suo racconto per gli Istituti ICS Maugeri S.p.A.: affetto da displasia aritmogena del ventricolo destro, ha scoperto questa cardiopatia durante una partita di tennis. “Mi girava la testa in modo anomalo”, ricorda degli esordi: a questo, superata la paura iniziale, ha fatto seguito un intervento per l’impianto del defibrillatore. “Un’infusione di sicurezza”, racconta il ragazzo durante l’intervista. Gli fa eco Andrea, affetto da Sindrome di Brugada da quando ha 30 anni: “Mi rendo conto che portare un oggetto di questo tipo nel cuore è un privilegio, perché si ha la possibilità di essere curati e di vivere”.
Per visualizzare le interviste complete:
https://www.corrieredellosport.it/video/calcio/euro-2020/2021/06/17-82761657/eriksen_cosi_si_vive_con_il_defibrillatore_cardiaco_le_testimonianze
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